mercoledì 25 maggio 2011

La "statua" del Papa


La statua di Marco Aurelio sul Campidoglio è presente da circa 2000 anni. Quella del Papa alla Stazione Termini probabilmente verrà tolta immediatamente. Questo è il paradigma della nostra civiltà occidentale che non ha più presenza e coscienza di se e non sa raccontarsi. Si, è esistita un'età dell'oro e la statua di Marco Aurelio lo dimostra; noi dobbiamo tutti impegnarci affinchè quel ciclo di civiltà meraviglioso torni prepotentemente e si torni in una civiltà dove il bello, l'armonia delel forme, il rispetto del territorio e del paesaggio siano valori veri e non strombazzati solo nella Costituzione.

Stefano Tozzi

Largo Corrado Ricci

La riqualificazione di Largo Corrado Ricci






Centro, inaugurata la nuova veste di largo Corrado Ricci

da Mollicone.it
L’intervento di restyling di largo Corrado Ricci, nello scenario archeologico del Foro Romano, costituisce un esempio virtuoso di come può operare l’Amministrazione capitolina nel cuore del città, rispettando il tessuto territoriale e riqualificando un’area per troppi anni abbandonata al degrado. L’intervento è la conclusione del primo stralcio di lavori, che riguardano anche il recupero delle zone verdi dei mercati Traianei fino a Santa Maria di Loreto e la sistemazione della pedonalizzazione. L’assessorato ai Lavori Pubblici, guidato da Fabrizio Ghera, ha realizzato il sistema di innaffiamento automatico e ha ripristinato il sistema di raccolta delle acque piovane, per eliminare le infiltrazioni che alterano l’area archeologica sottostante. Accolgo positivamente l’annuncio dell’assessore Ghera sull’avvio dei lavori per il ritorno del sampietrino romano nelle aree pedonali del centro storico, come nel caso di Via del Corso, in vista del progetto di pedonalizzazione del Tridente: dopo via dei Fori Imperiali e via Nazionale, prosegue l’impegno dell’Amministrazione a tutela di un bene storico-culturale della città.

Wojtyla, Mollicone (PDL): Statua Stazione Termini è oltraggio a figura Giovanni Paolo II

Roma, 19 maggio 2011

WOJTYLA, MOLLICONE (PDL): STATUA STAZIONE TERMINI E’ OLTRAGGIO A FIGURA GIOVANNI PAOLO II

«La statua dedicata a Papa Wojtyla, inaugurata ieri davanti la stazione Termini, doveva essere la ciliegina sulla torta degli eventi previsti per la beatificazione di Giovanni Paolo II, ossia un evento di rilevanza globale, ma rischia di essere una macchia di fango permanente e oltraggiosa per la sua memoria».

Lo dice in una nota il presidente della Commissione Cultura di Roma Capitale, Federico Mollicone.

«Il fatto che l’opera sia stata donata - ha aggiunto Mollicone - non presuppone l’accettazione passiva da parte della Sovraintendenza e dell’Amministrazione capitolina. La statua, in stile modernista e concettuale, è quanto di più freddo e distante si possa immaginare dall’immagine di Papa Wojtyla, che ha scelto la sua umanità come punto di forza del pontificato. Rappresentare Beato Giovanni Paolo II come una “campana sventrata” è un oltraggio alla sua figura e alla sua memoria: per questo hanno pienamente ragione tutti coloro che ieri l’hanno criticata duramente».

«Sarò curioso di leggere, se esiste, il verbale della commissione tecnica che ha approvato l’installazione di quest’orrore. Sottolineo inoltre come il viso della statua, cioè l’unica parte figurativa dell’opera, non assomigli affatto a Papa Wojtyla. Ritengo, infatti, che il figurativo sia necessario

nelle iniziative di commemorazione di grandi personaggi, per evitare interpretazioni personali e autoreferenziali di artisti impegnati nel solito e angoscioso tentativo di lasciare un “segno”», ha aggiunto Mollicone.

Secondo il presidente della Commissione Cultura del Campidoglio: «Per rimediare a questa pessima figura, sarebbe utile un concorso di artisti per disegnare un’altra opera, trasferendo la statua di Oliviero Rainaldi in un contesto meno pubblico».


Degrado. Tozzi: Importante per decoro restyling Largo Ricci

"L' UNICO RAMMARICO È LA MANCATA RIPIANTUMAZIONE DI DUE ALBERI".

(DIRE)


Roma, 12 mag.


"La riqualificazione di largo Corrado Ricci rappresenta un intervento di particolare importanza per il decoro, la valorizzazione e la messa in sicurezza dell' area monumentale del Foro Romano. L' amministrazione capitolina risponde cosi' ad una richiesta storica dei cittadini e dei comitati di quartiere dei rioni Monti ed Esquilino, che da anni chiedevano di intervenire sull' area, rendendo omogenei la pavimentazione e l' arredo urbano. Un intervento sostenuto anche dalla commissione Ambiente del Municipio, che nel corso di un sopralluogo ha valutato positivamente il lavoro dell' assessorato ai Lavori pubblici di Roma Capitale". Lo dice in una nota il capogruppo Pdl e vicepresidente della commissione Ambiente del Municipio Roma Centro storico, Stefano Tozzi, presente oggi all' inaugurazione insieme all' assessore ai Lavori pubblici del

Campidoglio, Fabrizio Ghera. "L' unico rammarico che esprimiamo e che non tocca l' operato del Campidoglio-conclude Tozzi- riguarda la mancata ripiantumazione di due alberi nell' area verde, a causa del parere negativo della Soprintendenza archeologica di Stato, che ci auguriamo possa essere presto compensata in un' altra area verde del Municipio".

Largo Corrado Ricci, Tozzi (PDL): "Risposta a richiesta cittadini"

Omniroma-LARGO RICCI, TOZZI (PDL): "RISPOSTA A RICHIESTA CITTADINI"

(OMNIROMA)


Roma, 12 MAG


"La riqualificazione di largo Corrado Riccirappresenta un intervento di particolare importanza per il decoro, la valorizzazione e la messa in sicurezza dell' area monumentale del Foro Romano. L' amministrazione capitolina risponde così ad una richiesta storica dei cittadini e dei comitati di quartiere dei Rioni Monti ed Esquilino, che da anni chiedevano di intervenire sull' area, rendendo omogenei la pavimentazione e l' arredo urbano. Un intervento sostenuto anche dalla Commissione Ambiente del Municipio, che nel corso di un sopralluogo ha valutato positivamente il lavoro dell' Assessorato ai Lavori Pubblici di Roma Capitale". Lo dice in una nota il capogruppo Pdl e vicepresidente della Commissione Ambiente del Municipio Roma Centro Storico, StefanoTozzi, presente oggi all' inaugurazione insieme all' Assessore ai Lavori Pubblici

del Campidoglio, Fabrizio Ghera.

"L' unico rammarico che esprimiamo e che non tocca l' operato del Campidoglio riguarda la mancata ripiantumazione di due alberi nell' area verde, a causa del parere negativo della Soprintendenza archeologica di Stato, che ci auguriamo possa essere presto compensata in un' altra area verde del Municipio", ha sottolineato Tozzi.

Grilz, la congiura del silenzio

di Maurizio Belpietro

Non ho conosciuto Almerigo Grilz. Quando nel 1992 divenni vicedirettore de L’Indipendente e conobbi Fausto Biloslavo, l’amico di tanti reportage dal fronte delle guerre dimenticate, lui era già morto: una pallottola l’aveva colpito alla nuca mentre filmava un attacco dei guerriglieri della Renamo, i ribelli del Mozambico. Ma pur senza averlo conosciuto di persona, so che Almerigo era uno straordinario inviato. Per capirlo mi sono bastati i racconti di Fausto Biloslavo e, successivamente, di Gian Micalessin.
Erano tre ragazzi quando, 25 anni fa, insieme fondarono l’«Albatross». Tre giovani di destra e questa è la «colpa» che si sono trascinati dietro per anni. Almerigo era stato segretario del Fronte della gioventù di Trieste, l’organizzazione giovanile del Movimento sociale. Fausto e Gian con lui dividevano la passione politica. Ma alla fine, fu quella giornalistica a prevalere. Sognavano di fare i grandi inviati. Di girare il mondo. Di raccontare le battaglie. Cominciarono con l’invasione israeliana del Libano, poi venne l’Afghanistan e la lotta dei mujaheddin contro le truppe dell’Armata rossa.
Da quattro anni i soldati di Breznev avevano invaso il Paese, ma pochi sembravano interessati a scrivere di quella guerra contro l’impero sovietico. Nessuno pareva avere voglia di narrare la prima grande crepa nel muro comunista. O, forse, molto più semplicemente, non c’era inviato o reporter di lusso, a parte pochissime eccezioni, che avesse il coraggio di salire montagne e passare i valichi a dorso di mulo, insieme a un esercito di straccioni, rischiando di finire nelle mani dei russi.
Ci provarono loro - Almerigo, Fausto e Gian -, seguendo i guerriglieri, dividendo con loro i pericoli e quel niente che c’era da mangiare. Ne uscì un reportage che fu trasmesso dalla Cbs, una delle grandi reti televisive americane. Tre ventenni di Trieste avevano fatto uno scoop mondiale, che spalancherà loro le porte dei più importanti network tv e dei più famosi giornali stranieri.
Almerigo comincerà a documentare la guerriglia in Cambogia e la guerra Iran-Irak per la Cbs, gli scontri al confine birmano thailandese per il Sunday Time e per l’Express, l’avanzata sanguinosa dei ribelli dell’Unita in Angola per la Nbc. Fausto e Gian continueranno a descrivere le sconfitte dell’Armata rossa. Ma nonostante gli scoop, nonostante i resoconti dal fronte che li laurearono sul campo col titolo di inviati di guerra, per la stampa democratica italiana continuarono a rimanere tre fascisti. Quando Fausto Biloslavo fu catturato dai soldati russi, l’Unità titolò «Neofascista arrestato in Afghanistan». Nessun organo di categoria si mosse per reclamarne la scarcerazione. Nessuno lanciò appelli o versò riscatti, a parte la mobilitazione di alcuni amici a Trieste. Per sette mesi fu lasciato marcire in cella a Kabul. Solo una lettera di Cossiga riuscì a farlo liberare.
Quando nel 1987 Grilz fu ucciso in Mozambico, l’ineffabile Unità scrisse di nuovo: «Morto mercenario triestino». E al Tg1, cui dopo tempo Almerigo aveva iniziato a collaborare, il comitato di redazione protestò perché Paolo Frajese ebbe l’ardire di dedicargli un servizio. Un ex missino, nonostante avesse realizzato reportage esclusivi, documentando la ferocia dei conflitti in Africa, non meritava alcuna menzione. La congiura del silenzio contro Almerigo non è caduta neppure a distanza di vent’anni. Ancora oggi, sebbene Fausto Biloslavo e Gian Micalessin lo chiedano da tempo, l’Associazione della stampa di Trieste si rifiuta di ricordarlo. All’entrata della sede del sindacato e dell’Ordine dei giornalisti, a cui era iscritto, una lapide rammenta la fine di alcuni colleghi caduti in Bosnia e Somalia, ma per Grilz non c’è spazio. «La facciata del palazzo che ospita la sede dell’associazione non è un orto lapidario» è stata la giustificazione. Una casta di burocrati del giornalismo, piuttosto che riconoscere che un fascista - come sprezzantemente venne definito - fu un grande cronista, preferisce il ridicolo. Non solo quella lapide senza un nome è un monumento di meschinità, ma è anche il sepolcro della stupidità e della faziosità del giornalismo italiano. Un contraltare perfetto al coraggio di Almerigo.