giovedì 18 luglio 2013

Pedonalizzazione Fori Imperiali


giovedì 27 giugno 2013

Per il Rione Esquilino


Oggi primo consiglio municipale in Primo Municipio. Ho regalato alla nuova Presidente lo stemma del Rione Esquilino. Tale stemma non era colpevolmente presente nell'aula consigliare a differenza di quelli degli altri rioni. Ho ricordato alla nuova giunta che Fratelli d'Italia vigilerà affinché nel Rione Esquilino prosegua l'opera di riqualificazione dello stesso avviata dalla precedente giunta capitolina. Identità e modernità, decoro e legalità, valorizzazione del territorio e cultura saranno la nostra stella polare. Ad maiora.

Sulla proposta di pedonalizzazione di Via dei Fori Imperiali

Omniroma - FORI, TOZZI (FDI) : MARINO SI CONFRONTI CON NOSTRA PROPOSTA REFERENDUM
Omniroma-FORI, TOZZI (FDI): MARINO SI CONFRONTI CON NOSTRA PROPOSTA REFERENDUM 
(OMNIROMA) Roma, 14 GIU - "Bene hanno fatto il collega Marchi e il coordinatore regionale del Pdl Piso a sposare la proposta di Fratelli d' Italia di indire un referendum consultivo sulla pedonalizzazione dei Fori Imperiali. Un' iniziativa che ho avuto modo di confrontare già due giorni fa con l' esponente del Pd, Walter Tocci, in un dibattito televisivo e che sta riscuotendo molto consenso tra i cittadini. Il centrodestra non ha pregiudiziali ideologiche nei confronti di questo progetto, ma ritiene necessario coinvolgere quanto più possibile i romani in una scelta così rilevante per la città e per il centro storico. È altrettanto prioritario che l' Amministrazione capitolina si confronti con i cittadini e i residenti per verificare il possibile impatto sul territorio di questo intervento, senza trascurare nessun aspetto: la verifica tecnica sulla futura linea tranviaria sui Fori Imperiali e/o su via Cavour, il disegno della nuova Ztl che dovrà necessariamente comprendere anche altre porzioni di territorio dei Rioni Monti, Celio ed Esquilino, le nuove discipline di traffico su alcune parti dei rioni interessati e tanto altro. Chiediamo al sindaco Marino di mettersi a disposizione del territorio per confrontare insieme la fattibilità e la percorribilità dell' iniziativa e arrivare ad una soluzione condivisa da quanti più cittadini possibile. E un referendum istituzionale indetto dall' Amministrazione potrebbe assicurare un vasto coinvolgimento della cittadinanza, sicuramente superiore ai 6400 firmatari di una petizione sostenuta da una sola associazione ambientalista". È quanto dichiara in una nota il capogruppo di Fratelli d' Italia nel Municipio I, Stefano Tozzi. 


Omniroma-FORI IMPERIALI, TOZZI (FDI): "PEDONALIZZAZIONE SOLO CON REFERENDUM" 

(OMNIROMA) Roma, 12 GIU - "Non siamo contrari alla pedonalizzazione di via dei Fori Imperiali, ricordiamo anzi che siamo stati fautori della programmata pedonalizzazione del Tridente, così come l' avevamo chiesta anche per via di Ripetta. Però è bene verificare prima l' impatto sul traffico che ricadrà sui due rioni Monti ed Esquilino, adeguare un piano di mobilità per trasporto pubblico all' altezza del compito e, visto che per 5 anni le associazioni e il territorio hanno sempre chiesto processi partecipati ai quali l' Amministrazione ha prontamente risposto positivamente (anche là dove non era obbligatorio, come per es. la riqualificazione di pizza Vittorio), riteniamo sia indispensabile far decidere i romani attraverso una consultazione popolare se chiudere o no i fori al traffico. Roma ha bisogno non di pedonalizzazioni simboliche ma reali, così come di tutelare i percorsi delle linee tranviarie che in tante zone non sono protetti". 

È quanto dichiara, in una nota, Stefano Tozzi capogruppo di Fratelli d' Italia nel Municipio I. 

“Espresso” amaro per Zingaretti: «In cento giorni ha riempito la Regione di inquisiti e condannati»


da secoloditalia.it
Si può scegliere tra il capo di gabinetto (Maurizio Venafro) accusato di concorso in bancarotta fraudolenta e la nuova responsabile della direzione Rifiuti (Manuela Manenti) rinviata a giudizio per truffa e turbativa d’asta. Tra il nuovo capo delle Infrastrutture (Raniero De Filippis) condannato dalla Corte dei conti per un danno erariale  di 750 mila euro e il capogruppo in Consiglio regionale (Michele Baldi) accusato dalla Procura di Perugia di avere falsificato le firme della sua candidatura alle Regionali del 2010. Nella giunta rossa di Nicola Zingaretti c’è davvero l’imbarazzo della scelta. Se il successore di Renata Polverini alla Regione Lazio voleva imprimere una svolta, c’è riuscito. Ma non nel senso annunciato. In una corposa inchiesta, l’Espresso ha riportato il lungo elenco di funzionari e politici beneficati da Zingaretti, che non brillano per il curriculum. Eppure il candidato del Pd aveva fatto delle parole “Onestà, pulizia, trasparenza” il suo mantra. Come ricorda il settimanale, i primi cento giorni di attività sono stati disastrosi. La giunta di centrosinistra ha già dovuto incassare il dietrofront di due assessori, costrette alle dimissioni per grane giudiziarie. La prima a saltare, meno di un mese dopo la nomina, era stata Paola Varvazzo, assessore alle Politiche sociali dopo l’inchiesta che aveva travolto il marito, un  funzionario delle dogane indagato per una tangente da trenta mila euro. Poche settimane dopo è stato il turno della responsabile dell’Agricoltura, Sonia Ricci, rinviata a giudizio a Latina per reati ambientali.
«Mi chiedo cosa sarebbe mai accaduto a Gianni Alemanno se, da sindaco, avesse avuto intorno un quadro giudiziario come quello che descrive l‘Espresso», commenta Vincenzo Piso. «Se ci fossero stati consiglieri comunali rinviati a giudizio e, addirittura, il capo di Gabinetto da anni sotto processo – nota il parlamentare e coordinatore del Pdl Lazio – Alemanno sarebbe stato incatenato a una gogna mediatica senza fine ed esposto al pubblico ludibrio. Queste vicende dimostrano, come la città si trovi sotto un giogo comunicativo, un vero e proprio gioco del silenzio, che nasconde le malefatte del centrosinistra».

L'eccidio di Codevigo: "Il mio film censurato"



da romagnanoi.it

Il regista Antonio Belluco: "Avevo trovato attori, sponsor, colonna sonora, sceneggiatura e produttore ma dopo il primo ciak sono spariti"

RAVENNA - Il regista Antonio Belluco è un padovano di 56 anni che ha lavorato in Rai dal 1983 come programmista e regista per Radio 2 e Rai 3, prima a Venezia e poi a Roma. E oggi ha un progetto cinematografico che, qualcuno - a suo dire - tenta di osteggiare: “Ho pronto un film - ‘Il Segreto’ - sull’eccidio di Codevigo, la più sanguinosa strage mai commessa nel dopoguerra dai partigiani. Un lavoro rigoroso, assemblato dopo un’accuratissima ricerca storiografica, ma dopo i primi ciak, all’improvviso tutti - dagli sponsor al produttore - si sono tirati indietro. Un dietrofront inatteso e sospetto, che mi fa pensare ad un ‘complotto’, come se qualcuno cercasse di sabotare un’opera che, forse, racconta verità storiche troppo scomode”. Le verità abrasive di una delle pagine più nere della storia italiana, una pagina ancora avvolta da tanti misteri.

Nessuno, ad esempio, ancora oggi è in grado di dire, con esattezza, quante persone morirono realmente in quella mattanza: c’è chi parla di 136 vittime, chi di 168 e chi di 365, come i giorni di quell’atroce 1945. Un documento dell’arcidiocesi di Ravenna-Cervia ipotizza addirittura 900 morti.
Don Umberto Zavattiero, a quel tempo prevosto di Codevigo, annota nel chronicon parrocchiale: “30 aprile. Previo giudizio sommario fu uccisa la maestra Corinna Doardo. Nella prima quindicina di maggio vi fu nelle ore notturne una strage di fascisti importati da fuori, particolarmente da Ravenna. Vi furono circa 130 morti”.

Ebbene, de “Il Segreto”, Belluco gira un quarto d’ora dei 105 minuti previsti dal copione, poi il progetto s’incaglia in una sequela di sventure che - a suo dire - sarebbero figlie di un unico disegno: il produttore rinuncia, i contributi ministeriali e regionali vanno in fumo, le banche ritirano i finanziamenti, i collezionisti che avevano messo a disposizione materiale bellico e costumi d’epoca si defilano, la cantante Antonella Ruggiero, dopo aver dato in un primo momento la sua disponibilità, si rifiuta d’interpretare il tema musicale, gli avvocati inviano diffide.

Le ragioni? “Ci sono state forti pressioni dall’Anpi e dai partiti di sinistra - è la sua idea - molto semplicemente, non vogliono che esca questo film”. Eppure Belluco - a suo dire - non voleva ricavarne “un’opera ideologica” o un “film processuale”, anche se così ripercorre, sulle colonne de Il Giornale, alcuni episodi salienti di quegli anni: “La 28ª Brigata Garibaldi ‘Mario Gordini’ arrivò a Codevigo il 29 aprile 1945 agli ordini di Arrigo Boldrini, detto Bulow, inquadrata nell’VIII Armata angloamericana del generale Richard McCreery. Vestiva divise inglesi, col basco fregiato di coccarda tricolore. All’epoca Bulow aveva 30 anni. L’ex parlamentare Serena nel libro ‘I giorni di Caino’ scrive che Boldrini era un comunista con alle spalle un passato di capomanipolo nell’81º Battaglione ‘Camicie nere’ di Ravenna, sua città natale. Finita la guerra, sarà deputato del Pci per sei legislature, vicepresidente della Camera e presidente dell’Anpi, l’Associazione nazionale partigiani d’Italia. Decorato dagli inglesi con medaglia d’oro al valor militare. Ma nel mio film di Bulow non parlo. Il comandante brigatista ha un nome di battaglia diverso: ‘Ramon’. Boldrini-Bulow s’è sempre difeso sostenendo che in quei giorni si muoveva fra Padova, Bologna, Milano, Venezia e Adria e mai ordinò le brutali uccisioni. Fatto sta - sostiene Belucco - che i partigiani venuti da Ravenna rastrellarono un po’ in tutto il Veneto appartenenti alle disciolte formazioni della Repubblica sociale italiana e li portarono a Codevigo. Il bilancio dei processi sommari non si discosta molto da quello dell’eccidio delle Fosse Ardeatine. Solo che qui non ci sono un Herbert Kappler e un Erich Priebke...”.

In ogni caso, con le luci del set già accese, il film improvvisamente si blocca e Belluco grida al complotto. Colpa - è sempre la sua idea - delle tematiche politicamente scabrose: “Le stesse - svela - che hanno indotto l’avvocato Emilio Ricci, patrocinante in Cassazione con studio a Roma, a inviarmi una raccomandata con ricevuta di ritorno in cui mi notifica che il suo assistito, Carlo Boldrini, figlio ed erede di Arrigo Boldrini, venuto a conoscenza della mia intenzione di ‘girare un film sulle tragiche vicende relative alle stragi accadute a Codevigo nella primavera del 1945, ha evidente interesse a conoscere i contenuti della trama e dell’opera, in considerazione della complessità degli accadimenti di quel periodo e delle diverse interpretazioni-storico politiche che si sono susseguite’. Motivo per cui pretendeva - prosegue il regista - una copia della sceneggiatura. L’invito perentorio mi è stato rinnovato dopo cinque mesi con una seconda raccomandata, identica alla prima. Ovviamente non gli ho spedito nulla. Del resto, non comprendo proprio da quale timore sia mosso il figlio di Boldrini, visto che nel mio film la figura del comandante Bulow, suo padre, non compare proprio”. 
Belluco non si definisce un “fascista” e neppure “uno di destra”... “Sono solo un cattolico - dice - che crede nella dottrina sociale della Chiesa, nella difesa degli ultimi”.

lunedì 3 giugno 2013

No Ius Soli

domenica 2 giugno 2013

Si cresce!

giovedì 23 maggio 2013

Nel ricordo degli esuli Fiumani, Istriani e Dalmati



L'amore per il territorio e per il Rione Esquilino si manifesta anche con la conservazione della memoria. La sezione del MSI di Colle Oppio si chiamava Istria e Dalmazia proprio perchè i maggiori frequentatori erano i profughi giuliano-dalmati che vivevano all'Esquilino nelle caserme di Santa Croce e nelle zone limitrofe Colle Oppio. Abbiamo restituito un pezzo di storia che si stava dimenticando nel Rione, una storia di italiani due volte, per nascita e per convinzione che furono accolti fraternamente a Roma a differenza dell'accoglienza che i comunisti a Bologna gli riservarono. La domenica pomeriggio nella sezione c'era una piccola balera dove si ballava ed i maggiori frequentatori erano giuliano-dalmati. Gli anni del dopoguerra, gli anni delle manifestazioni per Trieste italiana, gli anni che videro protagonista la destra sono un patrimonio del rione. Ieri abbiamo salutato quei profughi con deferente rispetto e con convinto orgoglio. La maestra fiumana che ha vissuto nelle caserme di Santa Croce per 3 anni alla cerimonia ha dichiarato: " abbiamo tanto sofferto, c'erano pochi soldi ma la dignità non ci è mai mancata e ce l'abbiamo fatta!". Evviva

Parlano i numeri, contano i fatti: la giunta Alemanno ha rilanciato Roma (nonostante la crisi)


da secoloditalia.it

«L’operazione verità» sui suoi cinque anni alla guida dell’amministrazione comunale capitolina fa chiarezza.  Gianni Alemanno, in un opuscolo, ricorda cosa ha fatto la giunta in cifre, in fatti concreti. I risultati sono molto positivi, considerando che in questi cinque anni il Pil italiano è diminuito del 6 per cento e i trasferimenti dallo Stato ai comuni del 40 per cento. Questo significa che Roma ha avuto un taglio di ben 1450 milioni di euro rispetto alla giunta precedente di centrosinistra. Nonostante questo grave handicap, la giunta Alemanno ha investito nel settore trasporti 332 milioni e in quello relativo al sociale 375 milioni, ossia il 70 per cento in più rispetto alla precedente amministrazione. Dall’altra parte, ricorda un documento dell’amministrazione, sono state tagliate drasticamente una serie di spese, tra cui quelle di rappresentanza, quelle per il personale,  quelle per le missioni, del 93 per cento, e quelle per le consulenze, del 91 per cento. Uno dei fiori all’occhiello dell’amministrazione di centrodestra è sicuramente il risultato esercizio dell’Ama, che è passata dal passivo di 257 milioni di euro della giunta Veltroni a un attivo di 2,3 milioni di euro, con una differenza quindi di ben 259 milioni, che è un risultato estremamente significativo, soprattutto in tempi di crisi congiunturale. Anche sul fronte, oggi di moda, dei tagli ai costi della politica, la squadra di Alemanno ha agito in tempi non sospetti, risparmiando all’incirca 460 milioni di euro su auto blu, fondi dei gruppi consiliari, spese dipartimenti e altro. Laddove si poteva risparmiare mediante razionalizzazioni o tagli, lo si è fatto. Sempre in questo stesso settore, la riforma voluta dal centrodestra comunale vedrà passare il numero dei consiglieri da 60 a 48 e dei municipi da 19 a 15, con una diminuzione quindi dei consiglieri municipali di ben 100 unità (da 475 a 375). Ma si sarebbe potuto fare di più, sostengono i componenti della maggioranza capitolina, se l’opposizione non avesse sistematicamente messo in atto un ostruzionismo deleterio, controproducente, pretestuoso, che ha danneggiato più i cittadini che la maggioranza. Grazie all’ottusità faziosa delle sinistra, sono stati bloccati 4,7 miliardi di investimenti totali, tra cui si segnala un miliardo di euro per opere pubbliche bloccate in aula e 60mila posti di lavoro vanificati dalle opposizioni. A questo si aggiungono le varie decisioni del Tar che hanno bloccato importanti e urgenti ordinanze comunali, come ad esempio quelle relative agli sgomberi dei campi nomadi o quella relativa alla messa in sicurezza della falda acquifera di Malagrotta. Sempre rispetto al centrosinistra, va detto chiaramente che i metri cubi deliberati da Alemanno rispetto a Veltroni sono stati oltre l’85 per cento in meno, mentre gli investimenti in opere pubbliche hanno toccato la cifra dei 713 milioni di euro. Ma oltre a questi ottimi risultati, è sulla sicurezza che il centrodestra ha in particolare mantenuto tutte le promesse, malgrado le diffamatorie campagne stampa che dipingevano falsamente Roma come una città violenta: tutte queste menzogne sono smentite dai dati statistici. I reati sono diminuiti del 14 cento, pari a oltre 26mila reati in meno. Omicidi diminuiti, tentati omicidi diminuiti, rapine diminuite. Aumentate invece le espulsioni, gli allontanamenti  di extracomunitari. Dimezzato il numero dei campi nomadi presenti sul territorio comunale con relativa diminuzione di presenze nei campi stessi. La raccolta differenziata è passata dal 17 per cento delle sinistre all’attuale 30, mentre oltre duemila discariche abusive sono state bonificate. Anche il comparto turismo ha subito un grande incremento, di circa il 20 per cento, record assoluto dal dopoguerra a oggi. Diamo uno sguardo al settore scuola: Alemanno ha realizzato il dieci per cento di asili comunali in più rispetto a Veltroni, l’87 per cento in più di asili in convenzione o in concessione, pari al 33 per cento di posti in più negli asili nido, senza contare quel 5,7 per cento in più di scuole dell’infanzia. Sempre nel sociale, le persone assistite dai servizi sociali in modo stabile sono passate dai 30mila della sinistra agli oltre 42mila del centrodestra, pari a quasi il 50 per cento in più. Infine sono stati stabilizzati oltre duemila precari e altrettanti vincitori di vecchi concorsi sono stati assunti. E a proposito di concorsi, Alemanno ne ha indetti 1995, a fronte dei 521 di Veltroni. Ben 90mila famiglie sono state esentate dalla tariffa rifiuti e 376 mila esentate dall’Imu prima casa, ossia oltre un terzo delle prime case. Dulcis in fundo, dal 1° luglio di quest’anno Roma uscirà da Equitalia.

Ius soli, Kyenge fa retromarcia: “Non è il momento”. E a Roma Fratelli d’Italia manifesta: no alla cittadinanza facile


da secoloditalia.it

Marcia indietro del ministro dell’integrazione Cecile Kyenge sulla cittadinanza ai figli degli immigrati. La Kyenge si trovava in visita al salone del libro di Torino ma alle domande dei giornalisti sul tema a lei molto caro ha risposto facendo capire che non insisterà più perché l’argomento venga messo urgentemente nell’agenda del premier Letta: “Non è il momento di parlarne”. Lo ius soli per ora viene accantonato, o comunque relegato tra gli auspici umanitari e non politici. “Il premier Letta – ha detto ancora Kyenge – ha presentato le priorità del governo. Ci sono dei punti che possono appartenere a tutti, all’intera società. Questo tema – ha ribadito – appartiene ala società civile più che al governo”.  ”L’integrazione – ha puntualizzato infine il ministro – è un tema trasversale che riguarda tutti, non ha colore politico. Ha una storia umana e noi dobbiamo guardare a questa storia e riportare la persona al centro di ogni progetto politico e di vita”. Sullo ius soli in effetti si era già prefigurato all’orizzonte uno scontro politico difficile da gestire in nome delle larghe intese con il centrodestra contrario e la sinistra che premeva sull’acceleratore della riforma della cittadinanza. Il caso Kabobo a Milano, pur se indubbiamente scollegato da questo dibattito, ha rimesso tutto in discussione, alimentando – al di là di strumentalizzazioni illecite – la diffidenza dell’opinione pubblica verso l’immigrazione clandestina. Cecile Kyenge ha capito che, appunto, oggi dello ius soli è meglio non parlarne. Domani si vedrà. Più che una rinuncia, una saggia presa d’atto delle circostanze.
E sul tema c’è da registrare oggi a Roma un flash mob di Fratelli d’Italia, con la partecipazione di Giorgia Meloni e Marco Marsilio, contro la cittadinanza “facile” a tutti i figli degli immigrati. L’iniziativa si è svolta a piazza di Spagna dove è stato esposto uno striscione con la scritta: “Italiani non per caso, italiani per amore”. Secondo Fratelli d’Italia “la cittadinanza italiana dev’essere una scelta e chi nasce da immigrati stranieri regolari deve poter scegliere entro i 18 anni manon si può pensare di concedere automaticamente la cittadinanza a tutti i figli di partorienti straniere che ci sono in Italia”. Qualche giorno fa il deputato di FdI Fabio Rampelli si era rivolto durante un question time alla ministra Kyenge, sostenendo che “il conferimento della cittadinanza italiana non deve essere considerato uno strumento d’integrazione culturale ma, a integrazione avvenuta, un modo per esercitare diritti politici, civili e sociali. Ogni sovrapposizione genera pasticci e confusione”.

domenica 12 maggio 2013

Via Statilia finalmente è parco!







Dopo 20 anni grazie al nostro impegno viene riqualificata l'intera area che comprende l'acquedotto romano di Via Statilia e viene realizzato un parco funzionale ai cittadini con panchine e passeggiata lungo gli archi e con esso la cancellata di protezione nelle ore notturne.
Un progetto fortemente voluto da tutti noi e condiviso con i cittadini ed i residenti del Rione.

Fratelli d’Italia “on the road” a Roma per rilanciare i temi-chiave: si parte al grido “liberate i marò”




da secoloditalia.it

Una “Staffetta per l’Italia”, una manifestazione a tappe, itinerante, che si snoda per le vie della Capitale. Efficace e originale la formula scelta da Fratelli d’Italia  per ricordare e rilanciare le sue proposte sui nodi cruciali che la politica è chiamata a sciogliere. Non è un semplice corteo, né un presidio statico ma una iniziativa “on the road” che si sviluppa in un percorso che tocca alcuni luoghi simbolo di Roma, fra tutti, il ministero dell’Economia, la sede della Banca d’Italia, l’Ambasciata indiana, il Quirinale. Pronti, partenza, via: lo  “start” viene dato da piazza Indipendenza, il corteo guidato dai tre fondatori Giorgia Meloni, Guido Crosetto e Ignazio La Russa è partito al grido di “liberate i marò”. Prima tappa, il ministero dell’Economia, il luogo più “caldo” da cui FdI vuole ribadire le sue priorità: l’introduzione in Costituzione di un tetto alla tassazione al 40% nel rapporto tra entrate tributarie e Pil; l’abolizione dell’Imu e la restituzione ai cittadini di quella già pagata, attraverso l’emissione di titoli di Stato da rimborsare con gli interessi che il Mps deve restituire allo Stato; l’impignorabilità della prima casa. Spiega Giorgia Meloni, capogruppo di FdI alla Camera: «Non abbiamo votato la fiducia al governo Letta, ma abbiamo detto che voteremo i provvedimenti che porterà quando dovessero essere provvedimenti giusti. E chiediamo di valutare le proposte che Fratelli d’Italia ha da fare per il futuro dell’Italia con la stessa assenza di pregiudizio». Oltre a quelle citate, alla Meloni e a FdI stanno a cuore in particolare «le iniziative a sostegno di maternità e natalità. E poi le riforme costituzionali, una legge elettorale che venga fatta nell’interesse dei cittadini che votano e non dei partiti che la scrivono. Porteremo queste proposte in Parlamento come le abbiamo portate oggi in piazza», promette il capogruppo. Il corteo “on the road” prosegue nelle vie della città. Secondo gli organizzatori sono oltre oltre 5000 i romani e non solo – pullman sono giunti da Arezzo, da Rieti e da tutto il Lazio –  che hanno dedicato il loro sabato a molte buone cause. “Gnomi e giganti in corteo”, twittano Crosetto e Meloni, “il Gigante e la Bambina”.   “Roma invasa dai Fratelli d’Italia”, twitta Fabio Rampelli. Si arriva in via XX Settembre, all’ambasciata indiana, per ribadire ancora una volta che riportare a casa Latorre e Girone costituisce una priorità per l’Italia e per la sua credibilità internazionale. «Ci aspettiamo dunque che Letta e il suo esecutivo dimostrino un briciolo di dignità in più rispetto a chi li ha preceduti e abbiano una reale volontà di tutelare i nostri marò», rilancia la Meloni. Precisa La Russa: «Pensiamo che quello che ancora manca è trasformare questa vicenda in una questione di dignità nazionale: finché non succederà questo, non risolveremo la questione». La marcia prosegue per poi concludersi a piazza San Silvestro.

È morto Ottavio Missoni. Signore della moda, soldato nella vita, memoria storica della pulizia etnica di Tito...




di Gloria Sabatini

Un signore, elegante fino all’ultimo, gli occhi azzurri rimpiccioliti dalle rughe portate con disinvoltura, l’immancabile gilet a righe “di famiglia”. A 92 anni è morto questa mattina Ottavio Missoni, nella sua casa in provincia di Varese. Dalla prima maglieria a status simbol della moda italiana, come lo definì la stampa americana negli anni ’70. 

All’apice dell’influenza internazionale di Missoni il Chicago Tribune parlò di «maglia sensazionale in Italia. Colori che sono una rivelazione di bellezza naturale». Scompare l’ultimo patriarca di una grande generazione di stilisti, la cui maison ancora oggi è in grado di dettare e tendenze del fashion internazionale. Nato nel 1921 a Ragusa, Ottavio è cresciuto a Zara fino a sette. «La città non esiste più, non c’è più nulla», ricorda nella sua ultima intervista, distrutta per l’80 per cento dai bombardamenti, resta solo nel suo cuore di esule, nel ricordo dei concittadini infoibati per ordine del maresciallo Tito.

Partecipò alla battaglia di El Alamein, dopo quattro anni vissuti in un campo di prigionia americano in Egitto, nel 1946 torna in Italia, a Trieste, dove si iscrive al Liceo Oberdan. Una vita fatta di sfide, di dolori e di successo, anche se lui, schivo, non usa mai la parola sfida, «ho fatto soltanto scelte di vita». Dai 16 ai 32 anni è stato più volte campione di atletica, nei 400 metri piani e a ostacoli: ha vestito 23 volte la maglia azzurra, ha conquistato 8 titoli italiani, l’oro ai mondiali studenteschi nel 1939. Quando riprese le competizioni, arrivò sesto alle Olimpiadi del 1948 e quarto agli europei del 1950. 

Fu ai giochi olimpici che conobbe sua moglie Rosita, con la quale lavorò gomito a gomito costruendo lo stabilimento e la casa di Sumirago, dove ancora adesso la famiglia vive e lavora, perché i Missoni si considerano artigiani (lei pensava ai modelli, lui ai tessuti). La Dalmazia, i suoi colori, i suoi sapori rivivono nelle sfumature e nei tocchi delle sue creazioni («certo se fossi in Finlandia, avrei creato un’altra moda). Dell’esodo giuliano-dalmata, un tabù per decenni e solo negli ultimi anni entrato ufficialmente nei testi di storia, ha sempre parlato come di «un’ autentica pulizia etnica». 

Fu combattente nella Seconda guerra mondiale e venne nominato Commendatore della Repubblica nel 1986. A guidare l’azienda oggi restano i figli Angela e Luca perché Vittorio non c’è più. È scomparso dallo scorso gennaio durante un viaggio ai Caraibi al largo delle isole venezuelane di Los Roques su una rotta maledetta. La vita ha “riservato” a Ottaviano anche lo strazio contro natura di sopravvivere al figlio.

martedì 7 maggio 2013

lunedì 29 aprile 2013

Buontempo ci ha lasciato. Insegnò ai giovani a combattere per quello in cui credevano



da secoloditalia.it

Altro che “pecora”, era un leone. È sempre stato un leone Teodoro Buontempo, Teo per gli amici, e di amici ne aveva tanti. Buontempo ci ha lasciati a 67 anni e lo piange non solo la famiglia, la moglie Marina e i tre figli, ma tutta una comunità umana, della quale Teodoro è stato per decenni protagonista. Iniziato in ambito locale, il suo impegno politico lo ha fatto apprezzare ben oltre la città di Roma, dove pure è stato consigliere capitolino dal 1981 ininterrottamente al 1997 e dove ha sempre svolto la sua attività di dirigente di partito, di parlamentare, di assessore regionale e oggi di presidente della Destra, che nel 2007 contribuì a fondare insieme con Francesco Storace. Buontempo era un leader naturale, e lo ha dimostrato guidando il Fronte della Gioventù di Roma (l’organizzazione giovanile del Msi) nei difficilissimi anni di piombo, esponendosi sempre in prima persona e pagando costi altissimi per  il suo impegno per i più deboli, per le fasce sociali più disagiate, per gli emarginati, per coloro che non avevano nessuno che li difendesse. Come una volta, al Casilino, da consigliere comunale fu chiamato da una donna che aveva un figlio in sedia a rotelle e che aveva innumerevoli difficoltà nella vita di tutti i giorni a causa dei marciapiede troppo alti: malgrado le reiterate richieste della donna all’amministrazione comunale, nessuno aveva fatto niente. Teodoro senza pensarci su prese un piccone e abbatté le barriere architettoniche, in particolare il ciglio di un marciapiede su cui la carrozzella non poteva salire, e se ne andò. E di episodi come questo ce ne sono a centinaia, che hanno visto Buontempo nelle strade di Nuova Ostia a controllare lo stato delle case popolari o al deposito dell’Atac per verificare l’inquinamento dei mezzi. Per questo Buontempo era amato a Roma, per questo era molto popolare: era l’unico missino che potesse andare impunemente in un certo bar al centro di Roma frequentato e gestito da estremisti di sinistra (e negli anni Settanta i comunisti erano una cosa seria) ed essere accolto amichevolmente, con il rispetto che si deve a un avversario coraggioso e leale. E le sue intuizioni politiche, spesso estemporanee, contribuirono non poco all’affermarsi del Msi a Roma. Come quando gli venne l’idea – che realizzò in pochi giorni – di creare una radio di destra, Radio Alternativa, che ubicò nei locali del Fronte della Gioventù a via Sommacampagna. La radio, che fu insonorizzata con le famose confezioni di cartone delle uova dallo stesso Buontempo con l’aiuto di attivisti di buona volontà, divenne in brevissimo tempo un punto di riferimento per i missini non solo della capitale, ma di tutta Italia. Molti giovani che sarebbero diventati deputati, senatori, ministri di questo Paese passarono per le stanze di Radio Alternativa dove Teodoro sempre indaffarato chiedeva una sigaretta. Fece conoscere la musica alternativa, allora guardata con diffidenza persino nell’ambiente missino. Ma ebbe ragione lui. E poi dibattiti culturali, discussioni, recensioni, musica, politica, impegno sociale. Fu una radio libera davvero rivoluzionaria.
Buontempo era nato a Carunchio, in provincia di Chieti, il 21 gennaio 1946. Dopo aver studiato a Ortona a mare dove iniziò anche a fare politica, nel 1968 si trasferì a Roma dove partecipò alle prime lotte stidentesche. Per le sue qualità si impose come dirigente della Giovane Italia (la precedente organizzazione giovanile missina) per poi diventare, nel 1972, il primo segretario del neonato Fronte della Gioventù di Roma, incarico che conserverà sino al 1977. Contestualmente, lavorava al Secolo d’Italia, diventando capocronista, e occupandosi sempre dei problemi della città e di politica. Dal 1988 al 1992 è stato il “federale” di Roma, ossia segretario della federazione romana. Membro del Comitato centrale e della direzione nazionale del Msi-Dn, è stato deputato nelle legislature XI, XII, XIII e XIV. Ha ricoperto la carica di segretario regionale di Alleanza nazionale nel Lazio nonché membro dell’Assemblea nazionale dl partito. Rimase iscritto al gruppo parlamentare di Alleanza Nazionale fino al 27 luglio 2007, quando passò al gruppo misto della Camera per poi entrare alla Destra. Nel 2008 divenne consigliere provinciale fino a che, nel 2010, la governatrice della Regione Lazio Renata Polverini lo vuole come assessore alla Casa e alla Tutela consumatori. In questa veste si è occupato delle periferie polemizzando spesso con urbanisti progressisti, teoreti dei palazzoni alla Corviale o alla Tor Bella Monaca con la semplicissima argomentazione: «Scusate – diceva spesso – ma dove sta scritto che una casa popolare debba per forza essere anche brutta?». E a proposito di case, memorabile fu la sua battaglia contro gli enti inutili, detentori, e questa fu la sua denuncia, di moltissimi immobili anche di pregio, assegnati magari agli amici degli amici di chi governava. E non era demagogia: per dimostrare che quegli enti esistevano, non facevano nulla ma costavano salato alla collettività, affittò un pullman e portò i giornalisti in un singolare tour per le sedi e i possedimenti degli enti inutili.
Insomma, un politico anti-politico, che aveva dietro di sé tutti i giovani missini di Roma ma che riusciva a dialogare e convincere i “vertici” del partito della necessità di svecchiare l’azione politica, indirizzandola verso le sfide sociali. Così come non si contano le iniziative politiche o gli incarichi di partito e istituzionali che ha avuto, allo stesso modo non si contano le volte che è stato aggredito, picchiato, fermato dalle forze dell’ordine, o le volte che gli hanno distrutto o incendiato l’automobile. E tutte le volte ricominciava, tornava a fare quello che aveva sempre fatto, armato solo dei suoi ideali e della sua caparbia determinazione. E incoraggiava tutti con quella sua caratteristica voce roca che non dimenticheremo mai

giovedì 28 febbraio 2013

Mantakas, quel greco “fascista” che venne a morire a via Ottaviano


da secoloditalia.it

Se fosse vissuto, oggi Mikis Mantakas sarebbe un signore alla soglia dei sessant’anni, forse in procinto di andare in pensione dopo una vita passata in qualche ospedale greco, o italiano, giacché era iscritto a medicina. Era nato ad Atene nel 1952. Ma le cose andarono in maniera molto diversa, e quel 28 febbraio del 1975 fu l’ultimo giorno della sua vita. E gli ultimi istanti della sua esistenza li trascorse sdraiato in un box privato, un garage, vegliato da Stefano Sabatini, un giovanissimo attivista della sezione Prati, che dopo che lo aveva visto cadere colpito da un proiettile, lo aveva trascinato al riparo per sottrarlo alla furia omicida che stava imperversando di fuori. E non sembri un’esagerazione, c’era davvero l’inferno in piazza Risorgimento quel giorno. Quella settimana si stavano tenendo al vicino tribunale di piazzale Clodio le udienze del processo Primavalle, quello in cui si giudicavano gli assassini dei fratelli Mattei, Stefano e Virgilio, bruciati vivi nella notte nella loro casa dagli attivisti di Potere Operaio Lollo, Clavo e Grillo (e forse altri). Gli estremisti di sinistra avevano deciso che i fascisti non avrebbero neanche potuto assistere al processo, e si mobilitarono in maniera massiccia, militare, per dar vita a scontri. Scontri che iniziarono il 24 febbraio mattina e andarono avanti sino a quel 28, quando missini e gruppettari si videro davanti al tribunale alle sei del mattino. La notte prima un commando di Lotta Continua aveva assaltato la “palestra” di Angelino Rossi a volto coperto e con bombe incendiarie: ma ci fu un’altra vittima in quei giorni, un commissario di polizia che fu stroncato da un infarto mentre era lì in servizio, e che nessuno ricorda mai, Pietro Scrifana. Gli estremisti di sinistra erano pesantemente armati: pistole e bombe molotov a decine. E le usarono. Un dirigente del Fronte della Gioventù fu bersagliato da colpi di pistola, ma ebbe fortuna. Dopo alcune scaramucce dentro e fuori il tribunale, nel corso delle quali fu anche identificato Alvaro Lojacono (per uno scontro con un attivista missino del Prenestino), che successivamente sparò davanti la sezione di via Ottaviano 9. Secondo un disegno che a posteriori appare chiaro, alcune centinaia di comunisti ingaggiarono violenti scontri con la polizia, per permettere a un centinaio di loro, armati, di dirigersi verso la sede del Msi di via Ottaviano, presidiata da una trentina di attivisti, quasi tutti molto giovani. A quanto ricordano i testimoni, quelli di Potere Operaio spararono molti colpi di pistola contro il gruppo dei missini, i quali entrarono e uscirono un paio di volte dal portone, e fu nella seconda occasione che Mantakas fu colpito alle testa. Un altro ragazzo, Fabio Rolli, fu ferito a un polmone, ma lì per lì nessuno si accorse di nulla. Ci fu poi il lancio di molotov e l’assalto vero e proprio, sempre pistole in pugno. A quel punto alcuni riuscirono a rifugiarsi dentro la sede, altri rimasero fuori. Per giunta, in quei momenti mancò (o fu staccata) la luce cosicché la porta elettrica della sezione non si poteva più aprire. Un ragazzo che era lì dentro ricorda che al buio si sentivano grida, odore di benzina, terrore di finire come i Mattei, tentativi di armarsi con gambe di sedie e effettuare una sortita. Frattanto il dramma si era compiuto. I gruppettari avevano attaccato il portone dello stabile per entrarvi, così l’esanime Mantakas, nel frattempo colpito anche da una molotov il cui fuoco fu spento con le mani dai presenti, fu trascinato nel box da Stefano e da altri ragazzi, che poi chiuse la serranda. A un certo punto gli estremisti irruppero nel cortile e spararono diversi colpi di pistola contro il box attiguo, che era quello più vicino all’entrata. A quel punto il fumo, il rumore, gli spari avevano attirato l’attenzione delle forze dell’ordine, che peraltro non avevano neanche ritenuto di presidiare la sezione del Msi che era un obiettivo tutto sommato da considerare. Arrivò la polizia, con gran stridore di gomme, ma era troppo tardi: un’ambulanza dei vigili del fuoco portò Mantakas all’ospedale ma poche ore dopo, durante o subito dopo l’operazione alla testa, Mikis morì. Frequentava il Fuan di via Siena da qualche mese. Aveva conosciuto i ragazzi della destra universitaria al bar Penny, lì davanti, tra cui Umberto Croppi, col quale era andato quella fatidica mattina a piazzale Clodio e col quale era amico. Poco dopo fu arrestato Fabrizio Panzieri di Potop, mentre usciva con aria indifferente da un portone poco distante. Testimonianze di giovani missini poi individuarono in Lojacono quello che aveva sparato. Mantakas si era trasferito a Roma perché all’università di Bologna era stato aggredito dagli estremisti di sinistra davanti a biologia, che lo mandarono all’ospedale per quaranta giorni. Ai funerali nella chiesa di Santa Chiara, in piazza della Minerva a Roma, c’erano migliaia di persone, e quasi tutte giovani. Persino in quell’occasione gli estremisti, usciti dalla sede del Pdup, tirarono una bomba molotov contro l’automobile guidata dall’allora segretario provinciale del FdG Buontempo, che riuscì a fuggire. Nel marzo del 1977 ci fu la condanna a nove anni e sei mesi di reclusione per concorso morale in omicidio per Panzieri. Assoluzione, invece, per insufficienza di prove, per Lojacono. Il processo di secondo grado, nel 1980, si concluse con la condanna a sedici anni di reclusione per entrambi. Ma un ricorso in Cassazione bloccò l’esecutività della sentenza per Lojacono che rimase in libertà per poi fuggire in Algeria, e poi in Svizzera assumendo il cognome della madre. Lojacono nel 1978 era nel commando delle Brigate Rosse che rapì Aldo Moro e uccise la sua scorta. Nel 1983, fu condannato all’ergastolo per l’omicidio del giudice Tartaglione. La Svizzera non concesse mai l’estradizione e nel 1999 divenne un uomo libero. Fabrizio Panzieri, approfittando di una scarcerazione, si dette alla latitanza. Nel 1982 fu condannato a ventuno anni di reclusione. Ancora oggi risulta latitante. Forse è in Nicaragua, dove c’è anche Grillo, quello del rogo di Primavalle.

Avanti tutta, senza paura


Il debutto della destra che va subito in gol 1,91%



da ilgiornale.it 

 Roma - Ventimila adesioni al giorno, un'alleanza decisiva per l'affermazione del Cavaliere e un 1,9 per cento alla Camera che in soli 40 giorni dalla fondazione del movimento garantisce un rappresentante in parlamento: Giorgia Meloni. Lei sì, Fini no. Tu chiamale, se vuoi, emozioni. E oggi si riparte anche senza tutti quei gazebo da 558mila voti al Senato (meno di un decimo delle sezioni da scrutinare) e 546mila (stessa percentuale) alla Camera. Al quartier generale di Fratelli d'Italia-Centrodestra nazionale ci si guarda soddisfatti, «in fondo - twitta La Russa - abbiamo racimolato la metà dei voti della Lega, mica male come inizio e in così poco tempo». All'orizzonte l'instabilità politica. «Instabilità che non gioverebbe di certo alla nazione. Ma le facce allibite della sinistra che credeva di vincere facile e invece ha preso la scoppola... che goduria». A commentare a caldo è Giovanni Donzelli, consigliere regionale in Toscana, tra i fondatori di Fratelli d'Italia e primo a riaccendere il cellulare. È sorpreso, come tutti, dai risultati. Al momento di andare in stampa il movimento è impantanato all'1,9 - Camera e Senato - ma avrà comunque un deputato come primo degli esclusi sotto il 2 per cento. Quanto basta e avanza per promuovere l'esordio. «A due mesi dalla fondazione siamo all'1,9 per cento, come primo step non possiamo lamentarci - continua Donzelli -. È come se fosse nato un bambino che ora deve muovere i primi passi, il progetto di rinnovamento del centrodestra italiano è cominciato». Ma non parlategli di patti allargati, di compromessi, di governi tecnici. «Una nostra adesione a una eventuale alleanza con il PD e il Pdl non è ipotizzabile, non se ne parla. Come non appoggeremmo un altro professore premier. Meglio tornare a votare subito». Nel frattempo i vertici commentano sornioni. Meloni e La Russa si godono i visi pallidi. Ignazio ironizza: «Che soddisfazione le facce della sinistra, avevano lo stesso colorito giallo del 1994, quando la gioiosa macchina da guerra di Achille Occhetto si infranse contro un muro. Sono orgoglioso della scelta di fondare Fratelli d'Italia. Questo è stato un vero miracolo, in 40 giorni abbiamo preso più voti dell'Udc e di Ingroia (con Di Pietro). Di Fini, poi, non ne parliamo. Avessimo avuto la visibilità di Fini, Casini e Ingroia avremmo fatto boom». Ma il vero grande sconfitto di queste elezioni è Mario Monti: «L'uomo che ha mancato di parola agli italiani candidandosi alle politiche». L'ex ministro se la prende anche con la truffa degli exitpoll: «Vorrei proprio sapere chi spende soldi per gli exit poll...». Crosetto, orfano delle sue sessanta sigarette, aveva pronosticato il Grillo-boom: «Sta accadendo quello che si sentiva. Avevo detto che Beppe Grillo superava il 25 per cento, e lo farà alla Camera. Perchè è stato l'alveo in cui si è fermata la rabbia della gente di questo Paese, che è tanta».

Niente azzardi con i soldi degli italiani


Area è in edicola!


venerdì 25 gennaio 2013

Sfida il futuro, senza paura!


Piazza Navona, Tozzi - Caramanna (FDI): "Subito approvazione delibera"


“Bene l’odierna riunione della commissione commercio di Roma Capitale e la richiesta di portare il prima possibile, in Aula Giulio Cesare, la delibera 107/2011 per regolamentare gli artisti di Piazza Navona.

Una piazza stupenda che non può più tollerare la presenza di meri venditori di stampe che quotidianamente si mescolano ingiustamente ai veri artisti che, da sempre, intrattengono i turisti e rendono la piazza ancor più affascinante. Da sempre riteniamo si debba tutelare particolarmente il centro storico, vero e proprio biglietto da visita per i milioni di persone che ogni anno vistano Roma e la delibera 107/2011 sicuramente viaggia in questo senso. Riteniamo che un Centro Storico riqualificato sia anche una risorsa per i tanti operatori che vi lavorano. Per questo chiediamo che l’Assemblea capitolina approvi subito la delibera. Piazza Navona deve tornare subito ai suoi artisti, ai cittadini di Roma e ai turisti che se ne innamorano”.

È quanto dichiarano, in una nota congiunta, i consiglieri di ‘Fratelli d’Italia - Centrodestra nazionale’ in I Municipio, Stefano Tozzi e Gianluca Caramanna.

Più di 200 persone, nasce Fratelli d'Italia in Centro Storico!

 Grazie a tutti.
La speranza si rimette in cammino!

Omniroma - Inno in aula, Tozzi (FDI): "Sinistra spiaggiata - Cirinnà stona sull'inno"


"La proposta della Cirinnà è decisamente ridicola e insultante nei confronti del nostro inno nazionale. Utilizzare l'inno per fare polemica politica rappresenta il segno dei tempi di una sinistra spiaggiata, senza idee e che non si riconosce nei valori nazionali e nell' amor patrio. La richiesta del consigliere Pd oltre ad essere fuori luogo va contro l' identità italiana che, invece di essere orgogliosamente
difesa e valorizzata, trova chi preferisce oltraggiarla". 

E' quanto dichiara in una nota il capogruppo di ' Fratelli d' Italia - Centrodestra nazionale' 
del Municipio I, Stefano Tozzi.

sabato 19 gennaio 2013

Martedì 22 gennaio, Fratelli d'Italia all'Esquilino!


Scuola, Tozzi - Caramanna (FDI): "Bene Ghera e Gasperini su fondi Franchetti

 
Omniroma - SCUOLA, TOZZI - CARAMANNA (FDI) : "BENE GHERA E GASPERINI SU FONDI FRANCHETTI"
(OMNIROMA) Roma, 18 GEN - "Con grande soddisfazione accogliamo la notizia
che la Giunta capitolina, attraverso l' interessamento degli assessori Ghera
e Gasperini, si è attivata per reperire le risorse necessarie al fine di
intervenire per ripristinare l' intonaco del solaio della scuola elementare
e materna... Leopoldo Franchetti, nel Municipio I. L' intervento
dell' Amministrazione centrale conferma, ancora una volta, la grande
attenzione di questa Giunta nei confronti del centro storico
e sul tema delle manutenzioni scolastiche". E' quanto dichiarano, in una
nota, i consiglieri di ' Fratelli d' Italia-Centrodestra nazionale' del
Municipio I, Stefano Tozzi e Gianluca Caramanna.


Roma, 18 gennaio 2013